Lungo i Passi di Celestino V
TAPPA NUMERO 4:

S. Giovanni all’Orfento

Ci anticipano l’asprezza del luogo alcuni scalini scavati nella roccia che traversano una piccola parete. Per agevolare il passaggio, sono scavati sulla roccia degli appigli per le mani. Superato questo passaggio si giunge in vista della scalinata d’accesso. L’eremo è scavato su uno dei salti di roccia che chiudono la parte alta della valle. Alla sua base un grande riparo sotto roccia: Grotta San Giovanni, meta, oltre che di eremiti anche di carbonai. Con tutta probabilità, lo scavo di un Eremo così inaccessibile è stato favorito da una preesistente cavità, anche se piccola, e da una cengia di accesso ad essa, anche se scomoda. Infatti le formazioni rocciose dei dintorni confermano tale possibilità. Una piccolissima croce sulla roccia segna l’inizio della scalinata d’accesso, lunga circa otto metri e formata da venti gradini di buona fattura, fatta eccezione per i primi.

Superata la scalinata, si giunge ad un camminamento lungo circa 16 metri, largo dai 70 ai 120 cm ed alto dai 170 ai 195. Sia la scalinata sia il camminamento hanno verso l’esterno, ad intervalli abbastanza regolari, dei buchi di forma quadrata nei quali erano infilati i pali verticali della ringhiera. A circa 180 cm dall’inizio del camminamento c’era una porta di chiusura, riconoscibile dall’incavo nella roccia che le faceva da battente. Al termine del camminamento, per altro poco consigliabile a chi soffra di vertigini, incontriamo la zona di accesso. È un breve tratto di circa 3 metri con una larghezza minima di 50 cm ed alto dai 35 ai 50. Pertanto, l’unico modo per entrare è quello di scivolare ventre a terra. Ma non era questa la maniera di entrare usata da chi ha abitato l’Eremo, anche se l’idea è affascinante. La presenza, infatti, prima dell’accesso, di un buco in parete e di una scanalatura sul camminamento in asse con esso, e di un’altra scanalatura dopo l’accesso, suggerisce una possibilità molto più comoda e logica: la costruzione di una piccola passerella. Era comunque possibile, in caso di pericolo, distruggere il tutto in brevissimo tempo rendendo inaccessibile l’Eremo.

PASSAGGIO

Ph. Del Monaco/parcomaiella

Il primo ambiente che si incontra rialzandosi è una stanza di forma rettangolare, molto regolare, con due nicchie scavate nella parete di sinistra ed una sul fondo. La stanza è larga 200 cm, lunga 380 ed alta 203, con volta piatta. Le ultime due sono lucernari. La seconda stanza, adiacente alla prima, si raggiunge dall’esterno attraversando i resti di due ingressi. Il primo ingresso, preceduto dal ripostiglio 4 di dimensioni, ha la forma di portale zoppo di cui rimangono soltanto la parte superiore e il tratto laterale superiore con i battenti visibili. Il secondo, che introduce alla seconda stanza, ossia alla zona di culto, è ad arco ribassato. Rimane, di esso, solo la parte alta: il resto è crollato insieme alla parte bassa del muro di chiusura. È l’ambiente più ricco per la presenza dell’altare, del serbatoio e del ripiano adiacente. L’altarino, alto circa 1 metro, ha sul fronte un piccolo vano con funzione di tabernacolo. Gli angoli anteriori sono rotti. Il ripiano, adiacente al serbatoio, è provvisto di un cordolo alto circa 10 cm rotto solo sulla parte frontale. La volta della stanza, a botte, è molto irregolare. Immediatamente adiacente a questa stanza c’è un piccolo vano con dei ripostigli ed alcune scanalature per i ripiani. Tutto l’Eremo è inoltre pieno di piccoli buchi e scanalature, sul pavimento, sul soffitto e sulle pareti. Servivano, comunque, per ripiani sospesi e pertiche. Altri buchi, di piccole dimensioni e poco profondi, si trovano in alto sulla parete, ma in posizione tale che risulta difficile capire a cosa servissero. In ogni caso, sia tali buchi sia i tagli di raccolta dell’acqua furono fatti calandosi sulla parete con corde assicurate ad alberi e rocce sovrastanti.

Abbiamo fino ad ora descritto quanto è rimasto dell’Eremo di San Giovanni, cioè la sua parte aerea. Infatti nel sottostante riparo si trovava una chiesetta con le celle dei pochi monaci che l’abitavano. Osservando il terreno al di sotto del riparo è facile vedere che le pietre, in gran numero, sono quasi tutte lavorate. Vi sono anche dei blocchi squadrati con resti di intonaco dipinto, provenienti forse dalla chiesa. Tale materiale è stato riutilizzato in seguito per costruire i ricoveri di carbonai e boscaioli. Gli stessi fori nella parete fanno intuire la posizione delle antiche costruzioni.

L’approvvigionamento idrico dell’Eremo si basa sull’acqua piovana e su quella che trasuda nel riparo sottostante, anche nella stagione più secca. L’impianto idraulico ancora in buone condizioni, e perfettamente funzionante salvo due vaschette rotte dal gelo, consiste in un complesso di captazione, in uno di canalizzazione ed uso, infine in un serbatoio di raccolta. Il complesso di captazione è formato da alcune incisioni oblique lungo tutta la parete sovrastante, disposte in modo da raccogliere l’acqua che scorre sulla stessa e convogliatavi da un fosso di raccolta naturale terminante proprio sulla sommità.

Vasche e Canali

Ph. Del Monaco/parcomaiella

Dalle biografie dei discepoli di Celestino V risulta che qui il Santo dimorò in più periodi anteriormente al 1274: e poi, quasi ininterrottamente, dal 1284 al 1293. Essi parlano inoltre di alcune stanze anche per i forestieri, visto che il sant’uomo era oggetto di continui pellegrinaggi: non era lasciato in pace neppure in un luogo così selvaggio! Furono suoi compagni Francesco di Atri, Angelo di Caramanico e Nicolò di Serra  (Celidonio G., S. Pietro del Morrone. Celestino V, Artigianelli, Pescara 1954.) Ma all’inizio egli vi si recò con un solo compagno; ed era munito di scale per superare i vari dirupi. Quando Francesco di Atri fu eletto abate generale dell’Ordine nel 1288 era appunto in Orfento e, benché a malincuore, accettò tale carica.

Gli scavi archeologici condotti nel riparo nell’estate ’95 hanno messo in luce le mura dell’antico monastero ed alcuni interessanti reperti che risalgono all’età del bronzo. Il complesso reticolo delle fondamenta mostra chiaramente alcuni piccoli ambienti che possono riferirsi alle cellette dei monaci ed uno, più ampio, che doveva appartenere alla chiesa. Gli scavi hanno interessato la parte centrale del riparo, dove gli edifici si discostano dalla umida parete. Manca ancora l’indagine della zona d’ingresso al monastero, dove sono evidenti i buchi sulla roccia che denotano gli ambienti che si appoggiavano alle pareti.

Testo di Edoardo Micati

COME RAGGIUNGERLO
Parco Nazionale della Majella, Caramanico Terme, SP22, 65023 Caramanico Terme PE

In auto: (ca 13 km da Caramanico Terme) in paese occorre andare a chiedere il permesso presso gli uffici della Riserva Naturale Valle dell’Orfento, in via del Vivaio. Da Caramanico dirigersi in direzione Pescara; dopo ca 1 km girare a destra al bivio che immette sulla strada che in 4 km conduce alla frazione di Decontra. Da Decontra una ripida carrareccia (per alcuni tratti molto sconnessa) di 8 km conduce a Piana Grande, fino alla sbarra che chiude l’accesso alle auto.

A piedi: (ca 30 minuti) all’ingresso di Piana Grande si prende un sentiero, sulla destra, che inoltrandosi nella faggeta offre, in alcuni punti, straordinari panorami sull’alta valle dell’Orfento. Il percorso è ben segnalato dai cartelli della Riserva. L’ingresso all’Eremo è sconsigliato a chi ha paura del vuoto, soprattutto a causa del passaggio obbligato di circa 2 metri, da percorrere sdraiati su di uno stretto balconcino di roccia, sospesi a circa 10 metri di altezza.